PREPARAZIONI
Per contestualizzare un attimo, il mio rapporto con l’Italia cominciò quando avevo quattordici anni, momento in cui decisi di studiare l’italiano. Cercai con mia madre una scuola privata dove fare lezioni, e ne trovai una a quattro passi da casa. Per anni, dunque, ho cercato d’imparare questa lingua splendida, grazie alla quale mi sono avvicinato a un paese dove da sempre ho sognato di abitarci.
Come saprete se mi seguite, nel 2016 sono andato a migliorare il mio inglese in Nuova Zelanda, un’esperienza che mi ha cambiato la vita. In quella parte del mondo, tra centinaia di persone incontrate, ho conosciuto una ragazza di Perugia, della quale, dopo poche settimane, me ne sono innamorato. E già sapete come funziona. Ragazzo prende cotta per ragazza, e tutti i piani vanno in frantumi. C’est la vie.
A un certo punto, lei se ne è andata e io sono rimasto là con un dubbio che mi ha martellato per mesi: “Ci vado o non ci vado”? In realtà, la riposta era più che chiara, ma ero restio ad accettare un mio ritorno in Europa. Un giorno, mentre lavoravo, rimuginandoci sopra, sono arrivato alla conclusione che dovevo provarci. E mi sono convinto che sarebbe stata una mossa saggia, sia perché c’era Sara, che per questa voglia già matura di vivere una volta nella vita in Italia.
Da quel momento in poi, ho cercato di trovare un lavoro in anticipo e di organizzarmi nel miglior modo possibile. Ho fatto qualche colloquio via Skype, ma non si è concretizzato niente. Alla fine, ho deciso di lasciare perdere e di godermi il tempo rimasto in Nuova Zelanda. La ricerca di un impiego poteva aspettare.
Approssimativamente due mesi dopo, ho lasciato l’Oceania e sono tornato a Sabadell per salutare amici e parenti. È stata una sosta fugace, solo per riprendere il fiato e mettere un attimo in ordine i miei piani e obbiettivi più immediati. A casa pensavano che le mie avventure all’estero sarebbero state un’eccentricità passeggera. Purtroppo, quando hanno scoperto della mia nuova partenza, c’è stato un po’ di rammarico, ma niente d’insormontabile, in ogni caso.
Ho comprato un biglietto di andata per Bologna (dove lei aveva deciso di studiare la laurea magistrale) e ho fatto un salto nel vuoto, sperando di trovare un lavoro decente in fretta, fare grossi progressi col mio italiano arrugginito e mantenere la magia di un rapporto tutt’altro che consolidato.
Dall’inizio, avevo in mente un soggiorno non più lungo di 8 mesi, ma, come sempre succede, i piani cambiano e si sviluppano in base a eventi non previsti. Non vorrei rivelare subito lo snodo cruciale dell’esperienza, ma sono rimasto a Bologna praticamente un anno e mezzo.
ITALIA
Ed eccomi a Bologna, sopraffatto dalla vita movimentata emiliana e dall’infinità di bancarelle di pizza, pasta e dolci. E pure parlavano italiano! Un sogno. Durante un primo periodo, abbiamo vissuto in un appartamento fuorilegge in Via del Pratello, in pieno centro. La casa, purtroppo, era decadente e sudicia, e, di conseguenza, ce ne siamo stufati velocemente.
Però, Bologna è Bologna, e trovare un posto dove dormire è un incubo. Non esagero. E se quelli che cercano un letto sono una coppia, missione impossibile. Abbiamo sopravvissuto in quel buco per parecchi mesi, finché non siamo stati fortunati abbastanza da trovare una sistemazione decente.
Appena atterrato, mi sono messo a cercare lavoro. Avrei accettato qualsiasi impiego ma a me, francamente, andava fare il cameriere. Bologna è un paradiso gastronomico e, quindi, ho pensato che lavorare vicino a una cucina sarebbe stata una bella esperienza e una vera svolta alle mie nulle conoscenze gastronomiche.
All’inizio, è stato in disastro, perché sono capitato in un ristorante di matti. In realtà, non soltanto erano pazzi, ma pure maleducati, stronzi ed esauriti. Cercando online, ho trovato questa offerta per lavorare in sala, nella quale si specificava che erano benvenuti anche i “primaesperienza”. Ho chiamato, ho parlato con il proprietario e mi ha assunto. Facile.
Il primo giorno mi sono sembrati carinissimi. Tutti. Mi chiedevano in continuazione sulla Spagna e su Barcellona. Ho firmato il contratto, ho fatto un servizio di sera molto calmo e sono tornato a casa con un sorriso sulle labbra.
All’indomani, tutto era cambiato. Mi sono trovato di fronte a un gruppo di persone che era in guerra da anni. L’aria era molto pesante e si gridavano senza rispetto alcuno. All’inizio ho pensato che forse avevano una brutta giornata, però i giorni successivi hanno confermato i miei timori: era un postaccio.
Mi hanno insultato, sgridato e, addirittura, disprezzato in maniera razzista. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, però, è stato il momento in cui uno dei proprietari mi ha praticamente picchiato per aver sporcato un bicchiere d’acqua pulito con le mani. Ovviamente, sono scappato e, peccato, che non li ho denunciati.
Quel ristorante si chiama Antica Trattoria del Cacciatore, abbastanza conosciuto, a quanto pare. È un posto che funziona da tanti anni ed è gestito da tre fratelli, uno più aggressivo dell’altro. Come avrete già capito, la mia esperienza a Bologna è cominciata male e mi sono sentito una merda per settimane.
Quando mi sono ripreso, ho ricominciato a cercare lavoro. Subito sono stato contattato dall’IKEA e da un ristorante chiamato Sette Tavoli, dove finalmente mi hanno assunto. In questo posticino accogliente ci ho lavorato praticamente un anno e mezzo e mi hanno trattato come un amico, anziché come un dipendente. E di questo sempre gli sarò grato.
Là ho imparato a fare il cameriere, ho
Man mano che sono passati i mesi, mi sono trovato molto meglio a Bologna e sono riuscito ad apprezzare la sua bellezza e a non darle la colpa delle sfighe del passato. Con Sara, praticamente ogni domenica, il mio unico giorno libero, siamo andati a esplorare i dintorni della città e i paesini vicini. Siamo, quasi, diventati VIP di TrenItalia.
Il colpo di grazia che ha ucciso la maggior parte degli spiriti negativi è stata la nuova casa, trovata dopo mesi di sudore e lacrime. Come dicevo prima, a Bologna è più facile avere un lavoro che una stanza, una situazione ideale per gli speculatori. Siamo stati, alla fine, fortunatissimi, perché la camera era grandissima (l’antico salotto dell’appartamento) e, soprattutto, calda come il pane. Mi manca, a dire la verità.
La cosa bella di abitare a Bologna, a parte il fatto che puoi passeggiare per le magnifiche strade porticate del centro, è che sei vicino a grandi città turistiche come Venezia, Verona, Ferrara, Firenze e Milano, per esempio. Ho avuto la fortuna di poter vederle tutte e di viaggiare molto dentro l’Italia, un paese da vivere assolutamente.
Per colpa della mia agenda stressata, non ho avuto l’opportunità di fare tanti amici, ma quelli con cui sono andato d’accordo non li dimenticherò mai, poiché, naturalmente, faranno sempre parte di questa mia avventura italiana.
Per un anno e mezzo non ho parlato mai catalano né spagnolo, per cui ho sperimentato un’immersione linguistica e culturale totale. Sara, la mia ragazza, è italiana, quindi la lingua usata a casa è stata quasi sempre l’italiano. Dico “quasi” perché quando sono arrivato ancora ci comunicavamo in inglese, lingua con la quale ci siamo conosciuti in Nuova Zelanda. Quando il mio italiano ha sorpassato l’inglese in un modo naturale abbiamo cambiato idioma.
In Italia, se devo paragonare il mio soggiorno con quello neozelandese, ho passato molto più tempo da solo, lavorando e facendo una vita da mortale. Ho imparato a stare bene con me stesso e a sentirmi completamente integrato in una cultura straniera. E di tutto si impara. Penso che sia cresciuto un mondo come persona.
Con Bologna ho avuto un rapporto un po’ strano. Di diffidenza all’inizio e d’amore alla fine. Col tempo, la mia opinione è cambiata, fino al punto che non volevo partire. Mi mancherà, come no, la pizza e i cannoli siciliani, ma sopratutto l’eleganza delle sue strade. Per 500 giorni ho camminato dieci chilometri per andare dal lavoro a casa e vi giuro che mi sono goduto come un bambino tutte le “passeggiate”.
Prima di venire in Italia, ripeto, mi ero detto che sarei rimasto, al massimo, un anno. Finalmente, ci ho vissuto per un anno e mezzo. E va bene così. È andata così. Ho capito, però, che non posso più pianificare maniacalmente tutte le mie mosse perché i piani cambiano in continuazione, così come certi obiettivi personali.
Vorrei ringraziare con il cuore in mano a tutti coloro che mi hanno dato una mano durante tutto questo percorso. Gli amici del Sette Tavoli, i miei coinquilini e tutte le persone che sono state carine con me. Devo dire, e non ridere, che mi sento un pochino italiano. E giuro, che, prima o poi, tornerò in questa terra magnifica.
Italia, ti amo.
23/08/2017