Ho letto da qualche parte che Cuba era povera ma dignitosa e, dopo quindici giorni di roadtrip, devo dire che concordo pienamente con tale affermazione. Sono capitato nell’isola più grande dei Caraibi quasi per casualità, ed è stata un’esperienza che mi ha arricchito molto. Contrasti ovunque e architettura favolosa. Natura mozzafiato e persone stra gentili. Non avevo un’idea molto chiara su Cuba, purché volevo essere sorpreso dal paese. E lo sono stato, eccome. In tutti i sensi.
L’Abana
Abbiamo visitato la parte occidentale, con la prima tappa all’Abana. Senza dubbio è stato il mio posto urbano preferito. La sensazione iniziale è travolgente, sia per l’odore che per le robine e la sporcizia sparsa. Mi ricordò un po’ a Barcellona e a Napoli, con la differenza che sembra un posto appena bombardato. Ho conosciuto tanta gente a cui l’Abana no è piaciuta, perché dicevano che era troppo decadente e piena di povertà. Hanno ragione, in realtà, ma penso che sia proprio questo il fascino della città.
C’è gente in strada a ogni ora e dalle case suona il reggaeton più moderno. Sono stato soprattutto all’Abana Vieja, Centro e Vedado, quest’ultimo un quartiere all’americana. Passeggiando per i primi due, invece, vedi la Cuba vera, con tutti i soui contrasti e paradossi. Si vede povertà, sì, ma penso che sia una povertà diversa da quella a cui siamo abituati. In tanti, non hanno niente, ma se la cavano.
Nella zona “Central” le strade puzzano, i marciapiedi sono inutilizzabili e il cibo, tipo la carne, si vende in modi poco ortodossi. Comunque sia, questo è stato il quartiere che più mi ha affascinato, sopratutto la strada parallela al Malecón (San Lázaro), dove tanti suoi palazzi cadono a pezzi.
L’Abana è veramente bella ed ai suoi tempi, prima della revolución e, persino, le guerre, sarebbe dovuta essere una città elegantissima. Vedrete che i negozi (non ne troverete a palate) non hanno praticamente niente e i costi dei beni destinati ai turisti sono alti, più dell’Italia in certi posti.
Volendo usciere un po’ dall’ambiente frenetico della capitale, prima di partire, siamo andati a farci un bagno a “Las Playas del Este”, zona di mare frequentata dagli abitanti dell’Abana. Se aspettate una spiaggia caraibica, oppure un paradiso tutto per voi, rimarrete delusi, ma è un bel posto per spazzare via un po’ e per un po’ il caldo soffocante della città. Prima di lasciare la città e cominciare il vero ROADTRIP, siamo ritornati all’aeroporto, non per scappare di Cuba, ma per prendere la macchina che, con tanto anticipo, avevamo noleggiato.
Viñales
Dopo l’Abana, siamo andati verso Viñales, fermandoci a pranzo all’ecovillaggio autosostenibile “Las Terrazas”, un posto carino circondato di natura. Un contrasto notevole dopo i primi giorni di casino nella metropoli. Un oasi dentro Cuba, direi, sopratutto per l’abbondanza di cibo vegetariano.
Viñales è un paesino tranquillo, ma vivace, dove si può fare tanto sport. Ci siamo divertiti tanto là, particolarmente camminando in bici per i sentieri. Le montagnette della zona sono bellissime, come le vie disorganizzante della valle. Io le ho fatte in bici, ma si possono fare pure a piedi, come no, e a cavallo. Uno dei tre giorni spesi là, in macchina, abbiamo fatto una gita fino al Cayo più bello che ho visto. Per arrivare a Cayo Jutías, però, bisogna guidare per più di 2 ore sulla peggiore strada mai vista, piena di buche e scomodissima. Una volta là, sei nel paradiso. Spiaggia di sabbia bianca e tanta acqua calma tutta per te.
A Viñales si può anche visitare il Mural de la Prehistoria e la Cueva del Indio, due siti storici dell’area che tutti gli anfitrioni delle Casas Particulares consigliano di visitare. Suggerisco a tutti di vivere Viñales e i suoi dintorni, perché è stato il posto di natura che più mi è piaciuto. Anche di farlo subito dopo l’Abana, dato che è un cambio radicale. Come passare da una piscina d’acqua calda a un’altra d’acqua ghiacciata.
Playa Larga
La tappa successiva, 6 ore lontana da Viñales, è stata Playa Larga e i suoi dintorni. Lí, abbiamo fatto tanto snorkeling e molto mare. Quelle sono spiagge senza sabbia, rocciose, poco amate dai turisti ma perfette per le specie marine. In particolare, siamo andati alla Cueva de los Peces e, dopo, al recinto privato di Punta Perdiz, dove paghi 15 CUC per alimenti e l’entrata alla spiaggia. Il mare là è molto bello e l’acqua molto azzurra. Il cibo, invece…lasciamo perdere.
I CUC, per chiarire il concetto, sono i Pesos Convertibles, cioè, la valuta usata per i turisti. L’equivalenza è quasi pari a l’Euro, quindi è molto facile calcolare la conversione. I cubani, anche sé sognano con i CUC dei forestieri, usano fondamentalmente la Moneda Nacional.
Cienfuegos
Ripresa la macchina, ci siamo diretti e fermati per una notte a Cienfuegos, una città medio grande. Il centro storico è abbastanza bello e nelle strade non si vede miseria come all’Abana. Infatti, sembrava un posto dove i soldi giravano un po’ più. Per le vie di comunicazione di Cuba, sopratutto in quelle più grandi, vedrete tanti slogan rivoluzionari e frasi del leader della revolución. Quello che ricordo di più è uno che diceva: “El embargo, el genocidio más largo de la historia”. Punto interessante. Uno, per l’embargo in sé degli Stati Uniti a Cuba, che provoca fondamentalmente la scarsità di tutto e l’isolamento del paese. E due, per il rapporto dei cubani cittadini con gli “States”. Ho chiesto in giro su questo argomento per capire i loro sentimenti e, sorprendentemente, loro sembrano non odiare gli Stati Uniti (si a Trump, però). Per le strade, vedi gente con distintivi americani. Qualcuno con cui ho parlato ha detto, addirittura, cose tipo: “Loro sono come fratelli, dato che sono qua di fronte e, inoltre, ci sono tanti cubani che abitano là”.
Comunque penso che questo vari a seconda della persona, come pure il grado di accettazione del governo.
Trinidad
Dopo Cienfuegos, siamo arrivati a Trinidad, una delle città coloniali più ben conservate dell’America Latina. Ci avevo messo, forse, troppe aspettative e ne sono rimasto un po’ deluso. Anche se bellissima, ribadisco, mi è sembrata un po’ troppo turistica e meno “cubana” delle altre. Questo, però, è un’opinione personale, dato che persone vicine a me hanno detto che è stato il loro posto preferito di Cuba.
A parte visitare la città, non grandissima, abbiamo fatto delle escursioni durante i tre giorni di sosta. Siamo andati al Cayo Blanco, un’isoletta piena d’iguane, dove, soltanto viaggiandoci in barca, puoi fare snorkeling. Una turisticata da 50 euro, ma bella comunque.
Sempre a Trinidad, abbiamo visitato il Valle de los Ingenios, caratteristico per le antiche piantagioni di canna da zucchero che funzionavano con gli schiavi neri portati dell’Africa. Là, ho incontrato una guida molto formata che mi ha spiegato la storia dei centri. Le ho chiesto, d’altro canto, sul rapporto cubano con gli spagnoli e mi ha risposto che i cubani sono gente speciale che non odia nessuno. Inoltre, mi ha detto che loro sono nati dal mischio tra Bianchi e neri e che la storia non si racconta per odiare ma per conoscere il passato e accettarlo. Tanti cubani, quando mi beccavano dall’accento, mi dicevano. “Spagna, Spagna, la madre patria”.
Stanco da camminare e dal sole pungente, siamo andati a Playa Ancon, secondo le guide turistiche una delle più belle della zona. A me, però, è sembrata una spiaggia molto normale.
Santa Clara
Finiti i giorni a Trinidad, siamo andati a Santa Clara, tappa obbligatoria per chi ama la storia. Là, si può trovare il Conjunto Escultórico Che Guevara, dato che fu proprio lì dove il comandante, con i suoi compagni, fece deragliare un treno pieno di uomini e munizioni di Batista, in una vittoria chiave, non soltanto per liberare la regione dal dittatore, ma per l’esito della revolución. Potete vedere il treno in questione e la ruspa usata nell’altra parte della città pagando qualche CUC. Si paga per tutto a Cuba.
Dovevamo rimanare la notte a Santa Clara, ma all’ultimo momento abbiamo anticipato i giorni di Remedios e aggiunto una sosta a Varadero.
Remedios
Remedios è un paesino con un centro storico carinissimo con due chiese affiancate alla piazza principale. Siamo stati, pure, in una casa bellissima con degli anfitrioni eccellenti. Tutto perfetto. Parcheggiando la macchina in un patio privato, ho conosciuto un cubano, la cui situazione è deprimente. Lui faceva l’architetto, ma il suo stipendio era così pessimo che non riusciva a coprire le necessità basiche dei suoi figli. Lui prendeva 25 CUC al mese, cioè, meno della stessa somma in euro. Date le precarie condizioni, aveva deciso di fare il parcheggista agli stranieri, business più redditizio del suo antico mestiere. Per ogni macchina parcheggiata guadagnava due CUC al giorno.
A Cuba questo è un problema. L’educazione è pubblica e tutti studiano, ma il salario è inaccettabile. Anche sé lo stato si è aperto negli ultimi anni al riguardo dei business privati, quasi tutto è di titolarità statale. Pure la sanità è universale e gratuita, ma c’è un problema. Tanti cubani non riescono a pagare il trasporto per arrivare fino là. Così mi hanno raccontato.
Mentre ci godevamo un po’ la bellezza e la freschezza del patio interiore della nostra Casa Particular abbiamo parlato con degli italiani che ci hanno consigliato di visitare la Cala Gaviota, forse una delle spiagge più belle, non soltanto di Cayerías del Norte, la zona, ma di Cuba. L’acqua era perfetta, da Caraibi, ma c’era così tanto vento che ho finito con mal di testa.
Verdadero
All’indomani, abbiamo preso la macchina abbastanza eccitati della tappa successiva. Siamo andati a Veradero, ma è stato un disastro totale. Siamo andati a un albergo dove abbiamo pagato 160 euro per una notte in un posto di 4 stelle. Sapevamo in anticipo che la qualità non è la stessa di quella europea, ma, essendo un resort, immaginavamo almeno un po’ di “finezza”. Il cibo era deprimente, fino al punto che ho passato i 3 giorni successivi con una cacarella intermittente che mi ha infastidito gli ultimi giorni di viaggio. Varadero è la zona degli alberghi di “lusso”, dove i turisti desiderosi di mare e comodità piantano il loro campo base. Ci sono belle offerte con pack tanto economici. Non mi è piaciuta per niente la zona perché è un’oasi di fichetti che non c’entra niente con Cuba.
Se uno vuole conoscere il paese sconsiglio fortemente spendere la maggiorparte dei giorni là. Non capirà che posto del mondo è, né troverà i servizi aspettati. Parlando con un dipendente, ho scoperto che lo stato si tiene quasi la metà dei soldi generati dagli alberghi. Potete immaginare, allora, la qualità del cibo e gli stipendi dei lavoratori.
Dopo Veradero, infastidito e colpito dal mal di pancia, siamo tornati all’Abana per salutarci. Quant’è meravigliosa. Ho rifatto le strade della prima volta e ho ammirato di nuovo la sua decadenza. Un posto unico. Fatta la notte, abbiamo preso l’aereo e, dopo 15 ore di voli, siamo arrivati a Milano.